La Sicilia è da secoli luogo di storie e leggende nate da una cultura unica nel suo genere, risultato di diverse tradizioni straniere che si incrociano in una danza meravigliosa. I panorami mozzafiato e i paesaggi fiabeschi tipici di questa bellissima isola, fanno da scenografia a numerose vicende avvolte nel mistero che ormai sono entrate nell'immaginario di ogni suo abitante e non solo. Vediamo insieme le 5 leggende siciliane più famose!

La 5 leggende siciliane più famose

Colapesce

Secoli fa viveva nella città di Messina un certo Nicola, figlio di un pescatore, conosciuto tra i più con il nome di Colapesce per la sua grande abilità nel nuoto e la sua conoscenza dei fondali marini. Questa abilità lo rese famoso oltre i confini della città e la sua fama giunse alle orecchie dell'imperatore Federico II che decise di metterlo alla prova. Quest'ultimo raggiunse il povero pescatore e gli propose la prima sfida: lanciò una coppa in mare, ordinandogli di recuperarla. Colapesce si tuffò senza alcuna esitazione e ben presto affiorò vittorioso con la coppa tra le mani. L'imperatore non era ancora soddisfatto: lanciò, allora, la sua corona e anche in questo caso Colapesce riuscì a recuperarla in un batter d'occhio. Prima di emergere, però il povero Nicola si accorse che una delle grandi colonne che reggevano l'isola era usurata. Quando riemerse con la corona, egli annuncio a Federico, già pronto per la terza sfida, che se, ad un'occhiata più attenta si fosse accorto che la colonna era a rischio di crollo, non sarebbe più riemerso. L'imperatore, dunque, lanciò in acqua un piccolo anello, difficile da individuare nei ricchi fondali dell'isola. Questa volta, Nicola non tornò: rimase negli abissi a sorreggere la Sicilia.

Un'altra versione della storia

Una leggenda molto simile la ritroviamo nella mitologia greca, ma dobbiamo spostarci nel catanese: Tifeo era un gigante, nato dall'unione di Gea, la Terra, e Tartaro, personificazione degli Inferi. Tifeo, suo malgrado, aveva un aspetto mostruoso:

«Tifeo aveva membra smisurate, era metà uomo e metà bestia. Aveva la testa d'asino, le ali da pipistrello ed era più alto della più alta montagna del mondo. Con le mani riusciva ad acchiappare le stelle e con le gambe riusciva ad attraversare il mare Egeo in 4 passi dalla penisola Ebea fino alle spiagge di Troia. Sulle spalle aveva 100 serpenti che invece di sibilare, a volte latravano come cani, a volte ruggivano come leoni. Ognuna delle gambe era formata da due draghi attorcigliati, orribili a vedersi che facevano capolino con le teste, da dietro le anche. La sua barba e i suoi capelli ondeggiavano al vento e dagli occhi fuoriuscivano lingue di fuoco e lui sputava di continuo massi incandescenti

(Luciano De CrescenzoZeus - Le Gesta degli Dei e degli Eroi)

Sempre in lotta contro Zeus, durante uno di questi scontri, Tifeo riuscì a scagliare il padre degli Dei in una grotta in Sicilia. Allora, Hermes e Pan3 Moire, mentre queste ultime offrivano al mostro della frutta. In questo modo, Tifeo iniziò a perdere la sua forza e, in un successivo scontro, fu ferito, sconfitto e imprigionato sotto l'Etna. Da allora, fu costretto a sostenere l'isola: con la mano destra mantiene Messina, con la sinistra il centro di Pachino, con le gambe Trapani e con la bocca il vulcano Etna.

 

La leggenda delle Teste di Moro

Questa famosa leggenda siciliana è conosciuta in due versioni differenti.

La prima versione si svolge nel quartiere Kalsa di Palermo intorno all'anno 1000, durante il periodo di dominazione araba dei Mori. In questo luogo viveva una bellissima fanciulla costretta a vivere chiusa in casa dal padre geloso. Per non pensare al suo triste destino, la fanciulla si dedicava spesso alle piante che arredavano il balcone della maestosa abitazione. Un giorno, un giovane soldato Moro passò sotto il balcone e si innamorò della ragazza che, colpita dalla dichiarazione del soldato, si convinse che egli fosse il suo grande amore. La felicità fu molto fugace: ben presto la realtà si fece strada e ella si accorse che il giovane Moro l’avrebbe ben presto lasciata per tornare in Oriente da moglie e figli. Pazza di gelosia, attuò la sua vendetta: appena il soldato si addormentò tra le sue braccia, dopo una segreta notte di passione, lo uccise decapitandolo. La testa divenne un vaso nel quale ella piantò del basilico e la mise in bella mostra sul suo balcone. Ogni giorno si prese cura di quella pianta, innaffiandola con le sue lacrime di dolore. Il basilico divenne rigoglioso e, i vicini, invidiosi, decisero di farsi fabbricare dei vasi a forma di testa per tentare di ottenere lo stesso risultato, dando vita ad una tradizione che dura ancora oggi.

La seconda versione

La seconda versione della storia narra di un amore clandestino e travagliato tra una nobile fanciulla e un giovane arabo. Il padre di lei, scoperta la tresca, l’atto più disonorevole che una figlia potesse compiere, punì entrambi con la decapitazione e la gogna pubblica, esponendo le due teste sul balcone della propria casa, non prima di averle trasformate in due vasi.

 

La leggenda del pozzo di Gammazita

La storia si svolge a Catania nei pressi di un pozzo dalle acque rossastre. Ai tempi della dominazione francese un soldato angioino si innamorò di una bellissima ragazza di nome di Gammazita. La giovane, però, non apprezzava le attenzioni che il soldato le riservava poiché era già promessa in moglie. Ogni giorno ella si recava al pozzo a prendere l'acqua e fu durante uno di questi viaggi che la giovane trovò la sua fine: il soldato, arso di gelosia, decise che la ragazza non poteva essere di nessun altro, così la uccise e nascose il corpo nel pozzo la cui acqua divenne satura del suo sangue. In realtà l'acqua si presenta di colore rossastro a causa della presenza di rame sul fondo.

 

La leggenda di Santa Lucia

La famosa martire è molto cara alla cultura siciliana. Esistono due leggende che narrano la sua storia.

La prima versione

Nata a Siracusa, era una giovane bellissima e gentile. La leggenda narra che la povera donna donò i suoi occhi ad un ragazzo innamorato dei lei. Per premiarla per il suo atto di bontà, Dio le fece ricrescere degli occhi, ancora più belli di prima. Il giovane tornò ben presto da lei, chiedendo che anche quelli gli venissero donati. Al rifiuto di lei lui si adirò e la uccise.

La seconda versione

La seconda versione della leggenda narra di una ragazza bellissima di nome Lucia che riceve le avances di un giovane. La madre di Lucia era molto entusiasta dell'interesse del ragazzo, ma Lucia lo rifiutò diverse volte. Folle di rabbia, il giovane decise di bruciarla viva: Lucia, spaventata, chiese l'aiuto di Dio e, poiché ella era sempre stata buona, Dio la premiò facendole sopportare le fiamme. Il ragazzo, accortosi del miracolo, le infilzò gli occhi con una lancia.

 

Lo spettro di Donna Laura

Questa storia si svolge a Carini, nel palermitano. Esisteva in questo luogo, ed esiste tutt'oggi, un castello, un tempo residenza di un vecchio barone. Egli prese in sposa una giovane fanciulla di nome Laura, di appena 14 anni. La ragazza visse tanti anni di solitudine e infelicità accanto ad un uomo molto più anziano di lei. Un giorno, ormai rassegnata dal suo amaro destino, incontrò Ludovico Vernagallo di cui si innamorò e che ben presto la ricambiò. Il barone, scoperto il tradimento, uccise entrambi in modo brutale. Da quel momento, il fantasma di Laura non trovò mai pace: si aggira ancora oggi nei corridoi del grande castello e, in occasione dell'anniversario della sua morte, la leggenda narra che sia possibile vedere un'impronta insanguinata della mano della giovane su una particolare pietra del castello.

 

Conoscevi queste leggende?